top of page

John Rupert McGregor

John Rupert McGregor (1959 - 2012), accademico illustre, straordinario ricercatore e non da ultimo brillante giornalista è stato vittima sabato, insieme ai tre figli Edward, Milton e Charles, di un tragico incidente d'auto. Professore di Economia finanziaria a Stanford e lettore di Etica economica alle Università di Oxford e di Los Angeles, dirigeva con mano illuminata l'Istituto Indipendente di Analisi Economiche, di cui era fondatore.
Ritenuto unanimemente un candidato al Nobel per i suoi studi sulla correlazione fra l'attività dei mercati finanziari e i flussi macroeconomici, lascia ai posteri innumerevoli scritti e importanti pubblicazioni. Membro fin dal 1998 del nostro consiglio direttivo, onorava spesso queste pagine con la sua prosa secca e coinvolgente.
Con questo suo scritto inedito, la direzione e i collaboratori del Financial Tribune vogliono rendergli un ultimo omaggio. Tutti noi rimpiangiamo il vuoto incolmabile che ha lasciato e siamo vicini alla moglie Karen e alla figlia Jennifer in questa terribile circostanza.

 

​

​

New York, 12 dicembre 2012, editoriale postumo di John Rupert McGregor

I mercanti dell’Apocalisse

​

Alcuni sconvolgimenti sociali o economici sembrano sempre arrivare inaspettati, ma dobbiamo domandarci tuttavia se sia lecito considerarli il risultato di un fato imperscrutabile.
Il volume dei contratti a termine su strumenti finanziari e materie prime ha recentemente superato di venti volte quello dei beni a cui fanno riferimento. Come quaranta anni fa la corsa agli armamenti portò gli arsenali nucleari ad avere la capacità di sterminare una popolazione di venti volte superiore a quella mondiale, oggi la finanza viene regolata da processi e meccanismi a sé stanti e avulsi dalla realtà.
Come chi teneva la mano a un passo dal bottone rosso, i manager di hedge fund o i trader che eseguono gli ordini non conoscono gli effetti che le loro azioni hanno sulla popolazione mondiale e non ne conoscono i drammi, che vengono considerati piccoli inconvenienti di percorso.
Ogni volta che effettuiamo un acquisto, compriamo un panino o un bicchiere di spremuta d'arancia, dobbiamo sapere che la farina, il succo che stiamo pagando, perfino i soldi che usiamo per pagare sono stati comprati e rivenduti già venti volte, prima di finire nelle nostre mani.
Chi può permettersi di pagare quanto richiesto non se ne preoccupa. I produttori vivono vessati dalle oscillazioni del prezzo delle materie prime, ma nessuno ascolta le loro difficoltà.
Le dimensioni e la portata delle transazioni sui mercati finanziari aumentano e i loro effetti sono sempre più violenti e imprevedibili. La brutale rapidità del flash crash è stata la prima conferma: lo sviluppo incontrastato dei mercati finanziari porta a sempre maggiori rischi di instabilità. Le analisi sono incontrovertibili.
Siamo letteralmente seduti su una polveriera finanziaria e non sappiamo a quale operatore inconsapevole toccherà di premere il “bottone rosso” con cui suggellare il deal fatidico, cioè la transazione – sia essa vendita o acquisto – che genererà una nuova Apocalisse e porterà le nostre economie al collasso.
Forse ce lo siamo guadagnato. Mentre metà della popolazione mondiale affoga nel sovraconsumo e l’altra metà ne soffre le dolorose conseguenze, accettiamo quello che accade prendendovi parte attivamente. Nel migliore dei casi per incoscienza, nel peggiore perché a servizio di un'oligarchia occulta e senza scrupoli, che manipola governi ed economie. Difficile esprimersi in merito, ma la storia ci insegna che purtroppo tutto è sempre peggio di quanto immaginiamo.
Se nessuno ha premuto il bottone è un merito collettivo? Oppure aver tollerato che la situazione arrivasse agli estremi è una colpa collettiva?
Merito o colpa?  Non è la prima volta che l'umanità si trova a porsi questa domanda.

bottom of page